Ask the Experts Series | Parte 1: Salute Mentale
Che cos’è davvero il benessere? Tutti abbiamo una nostra percezione e una nostra idea a riguardo. Talvolta tendiamo a scindere il benessere in ambiti ben definiti, separando in particolare salute fisica e salute mentale. Tuttavia c’è un chiaro legame tra i due mondi, entrambi influenzati da salute, lavoro, famiglia e questioni economiche.
In un’azienda, dove la risorsa più importante sono proprio le persone che ci lavorano, è fondamentale creare un ambiente sano e sicuro, in cui il benessere sia percepito da tutti nella totalità dei suoi significati.
In questa blog series di tre parti, i Senior Advisor della nostra azienda Luca Solari¹ e Karl Simons OBE² ci raccontano di come le aziende dovrebbero occuparsi di salute fisica e mentale dei propri dipendenti con un approccio olistico, condividendo approfondimenti e riflessioni sui benefici che derivano dal coltivare tutti gli aspetti del benessere. Diamo uno sguardo insieme a loro a quello che ha insegnato il 2022 e a cosa ci porterà il 2023.
La salute mentale sul luogo di lavoro
Un report nazionalestima che in Italia quattro milioni di persone soffrano di disturbi psichici, ma sono solo tra 800 e 900 mila quelle assistite nei dipartimenti di salute mentale pubblici.
Ansia e depressione sono ormai problemi diffusi, così come lo è lo stress da lavoro. Tutto questo conduce spesso al burnout, riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) come un “fenomeno occupazionale”.
I problemi legati alla salute mentale hanno un impatto diretto sul lavoro, ma spesso ne sono addirittura la causa. In presenza di un affaticamento mentale da parte di un membro del team, dirigenti e colleghi dovrebbero fare la loro parte per alleviare il peso di questa fatica. L’azienda stessa è responsabile di fornire un supporto in queste situazioni.
Un sondaggio recenterivela che un lavoratore su due soffre di ansia e insonnia a causa di problemi sul lavoro, e quattro lavoratori su cinque mostrano almeno un segnale di burnout. I responsabili HR, tuttavia, non sono a conoscenza di questi dati e probabilmente non sanno nemmeno quanto impattino sulla produttività, l’assenteismo e gli infortuni sul lavoro.
Le conseguenze economiche di questo disagio, quindi, rimangono nascoste. Se a tutto questo aggiungiamo che nel contesto culturale italiano è ancora difficile parlare di questioni legate al benessere mentale, abbiamo un quadro generale del perché le aziende rimangono statiche. – Luca Solari
Ho avuto modo di vedere anche quest’anno un gran numero di organizzazioni impegnate a diffondere tra i dipendenti e i manager iniziative e strumenti volti a creare una nuova cultura della cura di sé. Credo, però, che altrettante organizzazioni non abbiano ancora colto il valore aggiunto di questo approccio.
Solo i leader più innovativi e moderni hanno capito l’importanza di coinvolgere soggetti esterni ed esperti per apprendere dalla loro esperienza e raccoglierne i frutti. Ogni leader dovrebbe studiare le misure che sono state già messe in campo, per comprendere quali funzionano meglio e quali risultati hanno generato. – Karl Simons OBE
Capire il burnout
Nel 2019 il “burnout” è stato riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) come un “fenomeno occupazionale”. Si tratta di uno stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale causato da uno stress eccessivo e prolungato nel tempo. Si verifica quando ci si sente sopraffatti, svuotati emotivamente e incapaci di soddisfare le continue richieste. Gli effetti del burnout non impattano solo sulle persone, ma anche sulle stesse aziende, che si trovano ad avere dipendenti stanchi e insicuri dei propri mezzi, e che ricorrono sempre più spesso a giorni di malattia e alla ricerca di nuovi lavori.
Una ricerca di Ipsosci rivela che le persone oggi, quando pensano alla salute, individuano la salute mentale come la più grande preoccupazione dopo il cancro e il Covid. Secondo l’indagine, il 55% degli italiani dichiara di pensare spesso al proprio benessere mentale, in aumento di 4 punti rispetto al 2021 e leggermente sotto la media internazionale pari al 58%.
Gli effetti a lungo termine della pandemia sulla salute mentale sono tuttora in fase di analisi, ma c’è bisogno di agire adesso per migliorare il benessere mentale delle persone, soprattutto nei luoghi di lavoro.
Il confine tra vita lavorativa e vita privata è diventato via via più sottile e sfumato. Molte persone oggi lavorano con una formula ibrida, il che si traduce in orari di lavoro prolungati e riunioni che si susseguono una dopo l’altra su Zoom. La cultura dell’ ”always on” sta diventando una preoccupazione concreta.
Le aziende dovrebbero prevenire il burnout con interventi tempestivi, come ad esempio introdurre una health policy, incoraggiare i dipendenti a usufruire dei periodi di ferie e disconnettersi dai dispositivi di lavoro la sera, prevedere un orario flessibile, effettuare azioni di upskilling e sensibilizzare i dipendenti ad essere più consapevoli nelle proprie comunicazioni. – Karl Simons OBE
Il tributo che tutti abbiamo pagato alla pandemia ha generato un cambiamento radicale nei valori e nelle aspettative delle persone, rendendo meno accettabili le modalità organizzative tradizionali. Ciò che un tempo veniva affrontato con una certa facilità, oggi può comportare una forte pressione sulle persone. Di conseguenza, i processi e gli obiettivi attuali rischiano di essere disallineati con quello che le persone possono affrontare e assorbire. C’è bisogno di adottare un approccio aperto per rivedere il modo in cui le nostre organizzazioni agiscono. – Luca Solari
Il ruolo dei dirigenti
Chi ha compiti di responsabilità gioca un ruolo fondamentale nell’aiutare i dipendenti in difficoltà con la propria salute mentale. È importante creare un ambiente di lavoro in cui ciascuno possa parlare liberamente delle proprie difficoltà senza paura delle conseguenze, in modo da prevenire frustrazioni e stress, che troppo spesso sono la causa di malattie e assenze dal lavoro.
Una recente ricerca Galluprivela che le principali cause di burnout non nascono nell’individuo e possono essere evitate con una leadership efficace. In particolare, sono tre i passaggi principali da seguire per scongiurare il pericolo di burnout nei dipendenti:
- Inserire il wellbeing nella cultura aziendale
- Fornire ai dirigenti i mezzi adeguati per riconoscere e affrontare il problema
- Creare le condizioni adeguate per ridurre lo stress sul luogo di lavoro
Nonostante gli evidenti sforzi dei professionisti HR per promuovere il benessere nelle aziende, le reali condizioni di lavoro delle persone dipendono soprattutto dai loro diretti responsabili e dal rapporto con i colleghi. La mancanza di formazione e di un esplicito invito a impegnarsi per migliorare la salute mentale sul lavoro lascia i dipendenti senza supporto ad affrontare le conseguenze di uno scarso benessere mentale. I dirigenti dovrebbero prendere atto del problema e agire di conseguenza, promuovendo una cultura più inclusiva e cercando le condizioni di lavoro migliori per sostenere le persone alle prese con la propria salute mentale, che si tratti di un disagio momentaneo o di una condizione permanente. – Luca Solari
Ciò che impedisce a una persona di essere felice e appagata sul lavoro non è la sua condizione psicologica, bensì lo stesso ambiente di lavoro in cui si trova. Ci sono molti fattori a influenzarlo, ma quello dominante è proprio la figura dei manager. Tutti amano i grandi leader, che nella mia esperienza sono quelli che investono tempo ed energie per creare una cultura della cura di sé all’interno del proprio team e ottenere, così, i risultati migliori. Chi ricopre una posizione di responsabilità sugli altri dovrebbe ricordare sempre che uno dei suoi doveri fondamentali è prendersi cura di quelle persone. – Karl Simons OBE
Nella serie Ask the Experts del prossimo mese, Luca Solari e Karl Simons ci diranno come vedono la connessione tra mente e corpo e come le aziende possono aiutare i dipendenti a migliorare la propria salute fisica per aumentare il benessere generale. Resta con noi!
¹Luca Solari è docente all’Università degli Studi di Milano, nonché consulente aziendale e fondatore di Orgtech. Fornisce consigli ai top manager su come mettere in atto strategie attraverso potenti iniziative incentrate sulle persone, coaching e mentoring.
²Karl Simons OBEè un dirigente con più di 30 anni di esperienza. Ha lavorato a livello internazionale in tutti i continenti e in numerosi settori critici. Attualmente è Chief Customer Officer presso FYLD, una società di tecnologia di Intelligenza Artificiale.
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Il team editoriale di Wellhub supporta i responsabili delle risorse umane nella promozione del benessere dei loro dipendenti. I nostri studi, le analisi delle tendenze e le guide utili forniscono loro gli strumenti necessari per migliorare il benessere dei lavoratori in un mondo professionale in rapida crescita.